ENDOMETRIOSI
ALLA SCOPERTA DI QUESTO DISTURBO FEMMINILE ANCORA POCO CONOSCIUTO
L'endometriosi è un'infiammazione cronica benigna degli organi genitali femminili e dell'area della pelvi. E' causata dalla presenza di un tessuto simile all'endometrio in una zona "anomala", cioè diversa dalla normale sede dell'utero (ad esempio, le ovaie, il peritoneo, i legamenti uterosacrali e il setto retto-vaginale). Colpisce il 10-15% delle donne in età fertile, tra i 25 e i 35 anni, anche se puo' comparire in età più giovane.
Questa patologia crea problemi a chi è in cerca di una gravidanza, e in una certa percentuale di casi, è anche motivo di sterilità.
Per assistere le donne che convivono con l'endometriosi è necessario un approccio multidisciplinare che coinvolge il medico di famiglia, il ginecologo, lo psicologo, il nutrizionista e il farmacista. Infatti, il percorso di diagnosi e di cura è molto lungo e puo' essere vissuto con gravi ripercussioni sul benessere psicofisico della donna.
L’endometriosi comporta una sintomatologia ampia e complessa, sia da un punto di vista organico che psichico. Pensiamo al fatto che questa malattia si classifica secondo una stadiazione riconosciuta a livello internazionale che va dal livello minimo a un livello grave. Talvolta, la diagnosi arriva dopo anni di sofferenza. È una malattia che va a toccare le relazioni familiari, quelle più intime della coppia, la situazione lavorativa e le relazioni amicali.
La possibilità di non giungere ad una gravidanza esiste, con tutte le conseguenze del caso.
In questo contesto, le emozioni hanno modo di manifestarsi e di giocare un ruolo che puo' andare a condizionare la malattia stessa.
Tutto quello che ruota attorno alla donna con endometriosi crea forti emozioni che possono perturbare la persona e minare il suo equilibrio adattivo. Il lavoro che fa il terapeuta è ricostruire un equilibrio e riorganizzare le categorie emotive che risultano critiche per la persona.
DOLORE E SOFFERENZA
L’esperienza del dolore è molto soggettiva, varia nella persona medesima e nel tempo, non necessariamente in rapporto alla patologia in essere, ma anche in funzione dei fattori psicologici che la correlazione dolore – lesione comporta.
Il comportamento da dolore, in taluni casi, puo' essere modellato e mantenuto da rinforzi come, ad esempio, l’attenzione da parte degli altri.
Il dolore acuto è vitale per la nostra stessa sopravvivenza, ci guida e ci costringe ad attivare comportamenti di auto-protezione. Il dolore colpisce i centri emozionali del cervello, quelli dell’attenzione, le aree preposte al movimento, alla memoria, alle scelte, ecc..; tutto questo attiva nel soggetto uno stato di allerta che svolge già di per sè una funzione protettiva, anche se da sola non basta. Intervenire adeguatamente sul dolore acuto, evita che il dolore si cronicizzi.
Il dolore cronico puo' essere considerato come una risposta da maladattamento nella quale si instaurano delle modificazioni dei meccanismi neurofisiologici della percezione, elaborazione e trasmissione degli stimoli dolorosi alla base di un circolo vizioso che si autoalimenta.
Il dolore è in gran parte costruito attivamente dal cervello; in sostanza, mentre l’input sensoriale proveniente dal corpo è importante, l’esperienza soggettiva del dolore dipende moltissimo da come il cervello interpreta dell’input.
Il dolore non è dolore finché non lo dice il cervello!
EMOZIONI E DOLORE
Emozioni e dolore sono inevitabilmente collegati. Le emozioni possono aumentare o diminuire enormemente la percezione del dolore. Ad esempio, la paura aumenta la percezione del dolore, crea un'iperattivazione in cui dolore e ansia si autoalimentano a vicenda; la sensazione del controllo, diminuisce la percezione dolorosa.
Nel rapporto dolore-rabbia, in generale, le persone con dolore cronico tendono a negare, a reprimere la loro ostilità e questo, da un punto di vista psicofisiologico, si trasforma in un aumento della tensione muscolare che non viene rilasciata, che può portare allo sviluppo di un dolore fisico.
Nel caso del dolore e depressione:
– il dolore come causa della depressione (depressione secondaria), in questo caso la depressione è una reazione al dolore; il dolore attiverebbe una vulnerabilità alla depressione che consiste in schemi negativi e nella triade cognitiva, ossia pensieri negativi su se stessi, il mondo e il futuro;
– la depressione come fattore di rischio del dolore (depressione primaria), la depressione aumenta la sensibilità al dolore e abbassa la soglia di tolleranza.
Dolore e ansia: il collegamento tra ansia e dolore è costituito dal sistema nervoso simpatico, la cui stimolazione abbassa la soglia del dolore e aumenta l’attività spontanea dei nocicettori. Può innescarsi un circolo vizioso “dolore-ansia-tensione-aggravamento del dolore”, ma anche l’aspettativa del dolore può influenzare la percezione del dolore nel momento in cui esso si verifica.
Dolore e stress: lo stress è una componente ad azione multilivello (psicologica e biologica) legata alla situazione di malattia e cura, che ha profonde interazioni con il dolore. Lo stress prolungato porta ad un aumento della sensibilità al dolore in gran parte dovuta a meccanismi profondi di modificazione del SNC.
Dolore e attenzione: il ruolo dell’attenzione puo' comportare un aumento o una diminuzione del dolore. L'attenzione è attiva, puo' essere gestita e guidata. In questo caso il concetto di CONSAPEVOLEZZA è fondamentale nella guida della nostra attenzione.
COME LO PSICOLOGO PUO’ ESSERE DI AIUTO?
Lo psicologo può intervenire sui seguenti aspetti:
L’aspettativa del dolore attraverso la desensibilizzazione
La memoria del dolore attraverso l’utilizzo dell’EMDR
Le dimensioni, cognitive e comportamentali del dolore attraverso la desensibilizzazione e psicoterapia
Il controllo del dolore, che può essere trattato con ipnosi, tecniche di rilassamento associate alle fantasie guidate